




|
| Nome |
|
BARBA DI BECCO |
| Altri nomi volgari |
|
Salsefica, Sassefica, Salsefì, Bugia. |
| Taxon |
|
Tragopogon porrifolius L. |
| Famiglia |
|
Compositae |
| Etimologia |
|
Il primo termine del binomio significa `barba di caprone` e deriva dal greco tragos = caprone e pôgôn = barba, in allusione al pappo sericeo dei frutti. Il secondo termine deriva dal latino con riferimento alla presenza di foglie simili a quelle del Porro (Allium porrum L.). |
| Caratteri botanici |
|
Pianta erbacea biennale, glauca, caratterizzata da una radice a fittone, ingrossata, legnosa, e da uno scapo eretto, alto 60-120 cm, provvisto di foglie lineari, con margine leggermente ondulato e guaina amplessicaule. Durante il secondo anno di vita, tra aprile e giugno, all’ apice del fusto si sviluppa, su un peduncolo piuttosto ingrossato, un capolino di ca. 6-7 cm di diametro, costituito da fiori bruno-violacei. I frutti sono acheni forniti di pappi sericei, chiamati in dialetto 'nanu', 'nannu' o 'naneddi'. |
| Habitat |
|
Luoghi erbosi per lo più umidi. |
| Parti commestibili |
|
Nella tradizione alimentare etnea, della Barba di becco si consumano i getti primaverili, formati dal fusto ancora avvolto dalle foglie appressate, che ricordano i turioni dell’Asparago. |
| Uso alimentare |
Lessi Insalate
I giovani getti della Barba di becco si cucinano lessati e si condiscono come le altre verdure. In qualche località, come Castiglione, a detta di alcuni si mangiano anche crudi in insalata per il loro sapore dolciastro. |
| Commercio |
|
BARBA DI BECCO |
| Diffusione |
|
Mentre in tutta la Sicilia e in genere nell’Italia meridionale, la Barba di becco viene ricercata dagli erborinatori per i getti primaverili, nell’Italia settentrionale si utilizza l’affine Tragopogon porrifolius L. var. sativus Gater. principalmente per la radice che si presenta piuttosto robusta e carnosa. Essa ha un sapore simile a quello delle noci e, secondo alcuni, ricorda addirittura quello delle ostriche (INDRIO, 1981). Il periodo di raccolta è antecedente a quello della fioritura. Si cucina lessata, alla griglia oppure fritta in pastella; si mangia anche condita con burro o in raffinate ricette con crema e formaggio (DE ROUGEMONT, 1990).
Questa radice può essere anche tagliata in dischetti di 1-2 cm di spessore per essere essiccata al sole e poi conservata sotto vetro, come si fa con i funghi secchi. In passato, le radici essiccate venivano anche macinate per ricavarne una farina con la quale si confezionavano prodotti da forno, sia salati che dolci, fra cui i bignè. La radice tritata si utilizza anche come surrogato del caffè. Le giovani foglie, infine, si consumano cotte in minestre al posto degli spinaci (POMINI, 1956). |
| Osservazioni |
|
- La Scorzobianca
Tragopogon porrifolius L. var. sativus è un ortaggio conosciuto fin dall`antica Grecia ed attualmente molto diffuso in Francia e in altri paesi dell`Europa occidentale. Il pregio di questa pianta, derivata dalla Barba di becco selvatica, è dato dalla dimensioni della radice che è molto ingrossata e ricorda quella della Carota; essa è ricca di zuccheri (inulina, inositolo e mannitolo) che le conferiscono un sapore decisamente dolce. Per il suo colore, biancastro all`esterno e bianco candido all’interno, è volgarmente chiamata Scorzobianca.
- Un delicato ombrello.
Gli acheni, sormontati da un pappo piumoso a forma di ombrello, a maturità si staccano dal ricettacolo e restano facilmente in aria sostenuti dal vento. Dalle nostre parti, i ragazzi si dilettano a disperdere gli acheni soffiando su di essi; se questi nell`atterrare si depositano sui loro vestiti e vi aderiscono significa che l`anima di un loro vecchio parente defunto è venuta a visitarli. Da questa credenza deriva il nome u nannu dato a questi canuti fiocchetti.
Nel Palermitano, invece, i fanciulli ritengono che gli acheni sospinti dal vento vadano nelle case a rubare quattrini; arrobba dinari, infatti, è il nome dato, in quelle località, agli acheni con pappo.
Nel Veneto i ragazzi, soffiando sui pappi, pretendono di indovinare le bugie dette da ciascuno in relazione al numero di volte che bisogna soffiare sui capolini per riuscire a staccare completamente gli acheni.
- Su altri nomi volgari.
Il termine Bugia è collegato al gioco infantile di soffiare sopra i pappi degli acheni, appena citato. Salsefrica, e similari, è una deformazione di Saxifraga derivato dal latino saxum = sasso e frangere = spaccare, ovvero spaccasassi, in riferimento alla proprietà di frantumare i calcoli renali. |
| Nomi dialettali |
| Adrano: |
Specie ritenuta non commestibile nel territorio
|
| Belpasso: |
non rilevato |
| Biancavilla: |
non rilevato |
| Bronte: |
Specie ritenuta non commestibile nel territorio |
| Castiglione: |
Pedi di lupu |
| Linguaglossa: |
Brambascu |
| Maletto: |
Lattaroli |
| Milo: |
Latti d`aceddu |
| Nicolosi: |
Pampasciuscia, Cuttuneddu |
| Pedara: |
Stuppacanedda, Erba di S. Petru |
| Ragalna: |
non rilevato |
| Randazzo: |
Barbabecchi |
| San Giovanni: |
Latti d`aceddu |
| Santa Venerina: |
non rilevato |
| Zafferana: |
Pistalaceddi, Latti d`aceddi |
|
|
|
| |
|
|
|